Il Vercelli Book è un manoscritto in pergamena redatto in uno Scriptorium del sud-est Inghilterra verso la fine del X secolo. La lingua del testo è l’anglosassone. Il volume contiene 23 omelie in prosa concernenti importanti solennità della Chiesa e 6 componimenti poetici.
La sua importanza letteraria e storica risiede nel fatto che, insieme agli altri tre codici coevi conservati nel Regno Unito (Codex Exoniensis della Cathedral Chapter Library di Exeter, Cotton Vitellius della British Library di Londra e Junius XI della Bodleian Library di Oxford) contiene gran parte della produzione poetica in antico inglese.
Ben 11 delle 23 omelie sono attestate unicamente nel Vercelli Book e costituiscono pertanto un documento linguistico e culturale preziosissimo. Dal suo arrivo a Vercelli, probabilmente tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo, il manoscritto è sempre stato custodito con gli altri libri, anche se molto presto si è persa la consapevolezza della lingua in cui era scritto, molto distante dal latino medievale. Per questo motivo col passare dei secoli non è più stato utilizzato per lo studio, e forse proprio per questo motivo si è conservato in perfette condizioni.
Si trova citato in modo esplicito per la prima volta in un inventario del Capitolo della Cattedrale di Vercelli, redatto nel 1602, dal canonico Giovanni Francesco Leone come Liber Gothicus, sive Longobardus seguito dalla nota “eo legere non valeo”. Nel 1748 Giuseppe Bianchini, paleografo di fama mondiale, lo cita come Liber ignotae linguae.
Esso rimane indecifrato fino al 1822, quando il giurista tedesco Friedrich Blume, in visita alla Biblioteca per studiare manoscritti medievali di argomento giuridico, lo sfoglia e identifica la sua lingua nell’antico inglese. Ancora oggi, tuttavia, sul dorso della legatura settecentesca si legge Homiliarum liber ignoti idiomatis.