
Bambini vestiti di stracci, analfabeti, sporchi e sottopagati. La stampa si affidava a loro, agli strilloni, per dare voce alle proprie pubblicazioni. Che fossero fake news o meno.
Con l’avvento della possibilità economica da parte della maggioranza di avere per le mani un device in grado di connettersi alla rete delle reti, oggi bastano un paio di click per leggere le notizie quotidiane. Uscire di casa e acquistare il giornale da un ragazzino per fortuna oggi non è più necessario. Per lo più se quel fanciullo passa la sua intera giornata a strillare per le strade il titolo di apertura della testata per cui lavora. Dettato dal suo superiore e imparato a memoria subito dopo.
Se oggi non si vedono più in giro i cosiddetti strilloni è perché la crescita del benessere e lo sviluppo di nuovi strumenti di diffusione delle informazioni hanno fatto sì che questo lavoro ignobile sparisse dalla circolazione. Eppure…
Strade più silenziose non hanno reso le notizie meno “strillate”
Navigando per la rete sia neofiti sia esperti di settore si sentono totalmente disorientati. Inoltre, non possono non accorgersi dell’elevatissimo grado di scoop, retroscena scandalistici e narrazioni parossistiche che dominano il mercato dell’attualità. Sembra quasi di vivere in un mondo in cui ogni giorno debba per forza accadere qualcosa di straordinario o di eccezionale. Un mondo, tra l’altro, permeato dal dominio della trasparenza.
Le fake news di fine ‘800
Con le debite differenze, tuttavia, la stampa odierna non risulta così diversa da quella descritta dagli Assiomi sulla stampa periodica ritrovati in una raccolta di testi di vario genere nell’Archivio Capitolare chiamata Charitas A Benefizio degli Inondati risalente al 1882.
E’ così strano, per esempio, che oggi esistano degli specialisti delle fake news quando già a fine ‘800 Gibellino Novara affermava dogmaticamente che “pel giornalista tutto ciò che è probabile – è vero”?
“Pubblicista – d’altronde – è l’uomo la cui occupazione è quella di soffiare sulle bolle di sapone dell’attualità”.
Strilloni di fake news
E personaggi come Paul Horner negli Stati Uniti o come Marco Travaglio in Italia calzano a pennello con la descrizione del Novara. Infatti sono stati capaci di cavalcare l’onda dell’informazione – o presunta tale – al tempo dei tweet ottenendo senza dubbio un notevole margine economico. Da sempre la stampa prevede che “il giornale che non aumenta giornalmente il numero dei suoi abbonati è in decadenza”.
E inventare una fake news o enfatizzare un “Fatto quotidiano” permette al giornalista di sbarcare il proprio lunario adattando la tattica già ben nota al Novara di “mordere sempre: – c’è sempre tempo a spiegarsi dopo”.
Insomma, il fine ultimo del giornale non è quello di immettere nel mercato dell’informazione notizie critiche, consapevoli, veritiere e attente. La logica del giornale rientra nella logica economica di qualsiasi altra impresa: il profitto.
Per fare ciò, il giornale deve imboccare i propri lettori con ciò che i lettori stessi vogliono sentirsi dire.
“Il giornale che ha più abbonati è quello che rassomiglia di più alle masse“
La differenza sostanziale degli Assiomi sulla stampa periodica rispetto alla stampa odierna sta nel fatto che, citando Horner, “le persone leggono qualsiasi cosa che confermi le loro idee senza farsi domande”.
Non che la gente al tempo di Gibellino Novara si facesse molte domande. Eppure non aveva dinnanzi a sé una mole di informazioni così disordinata e confusa come quella che si ritrova nel proprio wall un millennial. Questo crollo dell’attenzione dell’utente, strettamente connesso al sovraccarico informativo della rete, ha portato Google – seguito a ruota da tutte le altre realtà – a sviluppare un algoritmo perverso che seleziona i contenuti secondo il criterio della preferenza dell’utente.
Nel web, è come se vivessimo all’interno di una bolla. Possiamo comodamente abbandonarci a una formula matematica rimanendo segregati in una specie di prigione fatta soltanto di contenuti e news coerenti con i nostri gusti.
La grande sfida della stampa odierna sarà dunque quella di far sì che i lettori cronici di notizie “strillate”, invece di rimanere nella propria bolla di fake news, diventino consapevoli della loro inattendibilità.
“Se la stampa non esistesse non si dovrebbe inventarla” G. Novara
In Subterranean Homesick Blues Bob Dylan cantava profetico: “You don’t need a weatherman to know witch way the wind blows”…
Ma la colpa non è dei lettori. D’altronde, come ricorda il Novara senza peli sulla lingua, “la stampa, come le donne, è ammirabile, sublime quando racconta delle frottole; essa non vi lascia in pace se non quando ve l’ha fatta credere, e spiega le più grandi qualità in questa lotte in cui il pubblico, imbecille come certi mariti, soccombe sempre”.
Paolo Colombo