#museodifferente, la sfida a colpi di cultura, questo mese gioca con la scrittura/stregoneria. Per questo tema dal Museo del Tesoro del Duomo ci spostiamo alla Biblioteca Capitolare per Cipriano Uberti e le sue legature.
Cipriano Uberti: chi era costui?
Cipriano Uberti è una figura che rappresenta pienamente il prototipo dell’inquisitore post tridentino. Nato nei pressi di Ivrea poco prima del 1530, entrò ben presto nell’Ordine Domenicano, dove in breve tempo diventerà priore del convento di san Domenico di Ivrea e poi Vicario provinciale. Nel 1563 è nominato inquisitore della diocesi di Vercelli, a cui si aggiungeranno tre anni dopo la diocesi di Ivrea e quella di Aosta. Fu molto amico del cardinal Michele Ghislieri, teologo domenicano e anche lui inquisitore che salirà sul soglio di Pietro come Papa Pio V (1566-1572).
Proprio questo Papa, che sarà tra i principali protagonisti della riforma cattolica e della lotta alle eresie, non mancò di appoggiare in più occasioni l’amico.
Cipriano Uberti e il suo tempo
Descritto dai contemporanei come «persona da bene, molto zelante», Cipriano Uberti incarna lo spirito del suo tempo travagliato. Con l’affissione delle famose 95 tesi nel 1517 da parte dell’agostiniano Martin Lutero, si avvia una stagione di lotte religiose senza precedenti in Europa che culmineranno con la frattura definitiva tra cattolici e protestanti. In questo clima, in seguito al Concilio di Trento (1545-1563), l’Inquisizione acquisì nuove caratteristiche. Ancora oggi le sono associate nell’immaginario collettivo processi, roghi, caccia alle streghe, limitazione della libertà. Caratteristiche che vanno analizzate alla luce degli sconvolgimenti e cambiamenti dell’epoca, non con il metro di oggi. L’attività di Cipriano va al di là della mera repressione. Si tratta di un’azione sistematica che riguarda tutti gli aspetti della vita religiosa e civile di un territorio molto vasto. L’inquisitore si sentiva investito di un potere quasi “salvifico” e fondamentale per il benessere collettivo.
L’attività di inquisitore
Nell’ambito della sua attività inquisitoriale affronta molti casi, diversi dei quali si risolvono con l’assoluzione dell’imputato. Tra i casi più celebri il duplice processo al maestro biellese Giorgio Olivetta di Occhieppo Superiore. Fu condannato al bando dagli stati sabaudi per le sue teorie vicine all’eresia protestante nel 1562. Quattro anni più tardi rientrerà a Biella dove riprenderà a professare le stesse “eresie”. Processato come relapso fu poi messo al rogo fuori dalle mura di Vercelli nel 1566. Accanto all’attività requisitoria, che praticò fino alla morte sopraggiunta nel 1607, affiancò un’attività di promozione della fede tra la cittadinanza. Quest’opera avvenne sia tramite la sua instancabile azione di predicatore grazie alla sua «efficace eloquenza» sia attraverso opere caritatevoli o di committenza religiosa. Ad esempio promosse importanti lavori e migliorie nella chiesa di san Paolo di Vercelli.
Cipriano Uberti e Carlo Borromeo
Curioso ma emblematico dello spirito del tempo appare oggi il caso emerso da un carteggio tra Cipriano Uberti e l’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo. Si tratta del caso di una donna svizzera di fede calvinista «posseduta da molti demonij». Nel 1578, trovandosi in Savoia, fu sottoposta ad un esorcismo nella Cappella della Sindone di Chambéry. Qui le venne letteralmente appoggiato sulla testa il Sacro Lenzuolo per effettuare l’esorcismo. In seguito al’imposizione della Sindone si disse che la donna cominciò a levitare verso il soffitto. I demoni uscirono dal suo corpo e lei cadde a terra «mezza morta» e «crepata», cioè con varie fratture che le valsero diversi mesi di convalescenza. Cipriano Uberti, suo consigliere spirituale, la accompagnò nel cammino di conversione che la portò ad abiurare la sua fede calvinista. La fece addirittura nascondere a Milano per alcuni mesi per scongiurare un tentativo di rapimento da parte della famiglia che voleva ricondurla in patria.
I suoi scritti
L’Inquisizione rivolse molte delle sue attenzioni sulla prevenzione dell’eresia tramite il controllo della stampa. Infatti, dalla torchiatura della celebre Bibbia di Gutenberg (1453) in avanti, fu proprio tramite l’arte tipografica che sempre di più si veicolarono idee e teorie spesso contrastanti con la “retta dottrina”. Sono innumerevoli le ispezioni di Cipriano Uberti alle biblioteche poste sotto la sua giurisdizione, con la successiva messa al rogo delle opere «piene di soperstitioni o incanti».Da queste ispezioni si evince che fossero ancora presenti in biblioteche religiose antichi testi catari o bibbie in volgare in aperto contrasto con le direttive ufficiali. Ma anche in questo campo affiancò all’attività repressiva quella di promozione tramite la scrittura di diverse opere. Tra i testi giunti sino a noi ci sono: “Opera della croce”; “Tavola delli Inquisitori”; “Breve trattato dell’incarnatione et humanita di Christo”; “Discorsi o vero trattatello sopra la moltitudine de Aretitij o spiritati”.
Alla Biblioteca Capitolare
Molto interessanti appaiono anche le legature, ossia le copertine delle sue opere o di libri a lui appartenuti. Tra i fondi librari depositati nellla Biblioteca Capitolare è presente quello del Convento dei Francescani di Biliemme. Qui si trova l’Opera in dieci volumi di sant’Agostino, stampata a Parigi nel 1571, legata in pelle e decorata con l’arma di Cipriano Uberti. Lo stemma è ovale con corona di piccole croci partita d’aquila bicipite. Nel piatto superiore sono riportati oltre alle indicazioni sul tomo e altre preziose decorazioni, anche il nome di Cipriano e la sua funzione di inquisitore della diocesi di Vercelli. Internamente, nel foglio di guardia superiore, è presente la preziosa filigrana con il marchio tipico della zona vercellese.
François Dellarole, Volontario SCN Vercelli
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