
Questo non è un racconto di Umberto Eco!
E’ necessario fare questa premessa perché non pensiate che questa storia sia frutto della mia immaginazione. Sono Margherita Vinai, studentessa dell’Università del Piemonte Orientale. Ho svolto il mio tirocinio universitario in Biblioteca Capitolare e insieme a Nicolò Bellomo e Luca Serone, volontari del Servizio Civile, ho trovato un libro che ha destato la mia attenzione. Il titolo? Murenulae Sacrae Vestis.
Il libro proibito
Chiudete gli occhi e cercate di immaginare un deposito pieno di libri. Aggiungete tre ragazzi curiosi e avrete la ricetta perfetta per scovare un libro proibito. Questo episodio ha acceso la nostra curiositas e forti delle parole dantesche “fatti non fosti a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, abbiamo iniziato a cercare sempre più informazioni sulla nostra piccola scoperta.
Aprendolo, sulla prima pagina, si legge la frase scritta a penna “hic liber prohibitus est”, che sembra quasi voglia scoraggiare eventuali lettori a proseguire.
A quanto pare il nostro libro è stato scritto da Virginio Aviset Bisontino e la stampa ritrovata risale al 1673. Il nostro autore unius libri ha composto le Murenulae Sacrae Vestis nell’abbazia di Lerino, sull’isola semideserta di Sant’ Onorato al largo di Cannes.
Ora toglietevi quell’espressione crucciata dal viso, non sappiamo neanche noi chi sia questo monaco benedettino e perché abbia scritto circa i privilegi degli ordini regolari. Che abbia forse lavorato per conto di qualche potente dell’epoca?
Più la ricerca è lacunosa e più noi abbiamo sete di conoscenza.
Lo stampatore
Un altro dubbio ci assale: perché l’opera, stampata nella sua prima edizione a Venezia nel 1661, viene ristampata a Campidone (odierna Campione d’Italia)? E chi è Rudulphus Dreher, stampatore del libro? Le domande aumentano, le risposte scarseggiano.
A dare una svolta alla ricerca sono le note di possesso sul frontespizio: il libro è stato importato dal Monastero di Santa Maria di Testona di Moncalieri. Questo potrebbe essere avvenuto nel 1736, anno annotato a mano. Inoltre, sempre visibile in apertura, è presente la firma di un certo Padre Clodoveo, che possiamo presumere sia stato uno dei proprietari del volume.
Tante informazioni, ma nessuna certezza. Come esattamente l’opera sia giunta alla Biblioteca Capitolare di Vercelli non lo sappiamo. Le ipotesi sono tante: forse che i frati foglianti di Moncalieri abbiano regalato il libro ai foglianti di San Vittore a Vercelli? O forse un dono prezioso per l’arcivescovo della città?
Da Testona a Vercelli: le conclusioni (provvisorie)
Con qualche ricerca online sull’Index librorum prohibitorum, abbiamo trovato il libro menzionato per la prima volta nell’edizione del 1711, dove una nota indica che è stato vietato nel 1674. Non abbiamo certezze sul motivo della proibizione, possiamo ipotizzare che la Chiesa non tollerasse la presenza nel volume di alcuni passi in cui venivano descritti i privilegi concessi da certi Papi agli ordini religiosi. Ci siamo inoltre chiesti come mai un libro definito proibito sia arrivato a Vercelli sessantadue anni dopo la sua proibizione.
Ci siamo spinti a ipotizzare che in seguito alla proibizione le Murenulae Sacrae Vestis siano entrate in possesso di un inquisitore o di un vescovo e relegato nell’“inferno” (il luogo in cui erano custoditi i libri proibiti consultabili solo con specifica licenza) della Biblioteca di Santa Maria di Testona. In seguito il libro potrebbe essere stato donato ad una delle autorità ecclesiastiche presenti a quel tempo a Vercelli. Magari il vicario inquisitoriale Giuseppe Tommaso di Saluzzo (alla fine del Seicento gli inquisitori vennero espulsi dai domini dei Savoia e sostituiti da semplici vicari). Oppure al vescovo Carlo Vincenzo Maria Ferrero Thaon affinché tenesse conto del contenuto del libro.
Ma sono solo ipotesi. Conclusioni abbozzate da tre ragazzi curiosi.
Questa storia insomma non ha né una morale né un gran finale. Ci lascia nella consapevolezza che le cose da scoprire sono ancora tante e che le risposte alle nostre domande sono troppo poche. Magari la prossima volta il libro lo lasciamo dove l’abbiamo trovato.