Siamo giunti all’ultima tappa del nostro viaggio alla scoperta delle fasi di realizzazione dei manoscritti. Nicolò ci ha guidati in tutti i passaggi, dalla pergamena alla miniatura. Tra poco dovremo abbandonare lo scriptorium e di tornare nel presente.
Ma prima possiamo ancora osservare un abile legatore all’opera nella fase finale della creazione di un codice: la legatura.
Le origini
Si pensa che l’arte della legatura sia nata a Roma intorno al I secolo d.C. insieme al codex (un antenato del libro moderno in cui i fogli venivano cuciti insieme) e si sia poi diffusa in tutto l’Impero. Le più antiche legature scoperte risalirebbero all’Egitto del IV secolo e non sono altro che superfici di cuoio. Parimenti in Europa le prime legature non erano altro che assicelle di legno chiamate quadranti o piatti rivestite di cuoio o di stoffa. Nel corso dei secoli andarono arricchendosi di materiali di pregio, in base a chi commissionava il manoscritto e all’utilizzo dello stesso.
Coperte preziose
I piatti delle legature venivano decorati nei modi più disparati. Per i manoscritti commissionati da personaggi non molto abbienti, o per quelli di uso comune, si praticavano semplici incisioni sul cuoio della legatura, a rappresentare figure geometriche, piante e animali. I manoscritti legati invece a personaggi di alto rango, generalmente libri liturgici, presentavano legature con decorazioni molto pregiate, realizzate da botteghe specializzate. Alcune hanno fregi in avorio, presentano lamine d’oro e d’argento sbalzate, pietre preziose incastonate.
Nel corso del medioevo si andarono ad aggiungere ai libri dei fermagli in metallo, per permetterne una miglior chiusura. Dal XIII secolo si diede inizio alla pratica di incatenare i libri nelle biblioteche, per evitare furti e spostamenti.
Il Vangelo di Eusebio
Tornando al presente, nelle sale del Museo sono esposte le preziosissime legature del Codice A e del Codice C, manoscritti conservati in Biblioteca Capitolare.
Il Codice A, Codex Vercellensis Evangeliorum, è una traduzione dal greco al latino dei Vangeli, secondo la tradizione redatta dal vescovo Eusebio nella seconda metà del IV secolo. Non ci sono giunte notizie riguardo alla legatura originale, quella visibile tutt’oggi risale al X secolo.
La legatura è in argento sbalzato e dorato, il piatto superiore è piuttosto deteriorato in quanto vi venivano apposte le mani per giuramenti e richieste miracolose. Nel piatto inferiore è invece ancora ben visibile la figura di Sant’Eusebio. La realizzazione di questa coperta per il manoscritto è attribuita a una bottega lombarda. Dall’iscrizione che si trova sul piatto inferiore sappiamo che è stata donata da Berengarius Rex forse Berengario I, re d’Italia e imperatore del Sacro Romano Impero oppure il nipote Berengario II, marchese d’Ivrea e re d’Italia fino al 961.
La legatura del Codice C
Il secondo manoscritto citato, l’Evangelistario festivo detto anche codice C, è databile tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo. Probabilmente nel corso del medioevo sostituì il Codice A nelle celebrazioni liturgiche. E’ un manoscritto riccamente miniato e la sua legatura, in quanto a preziosità, non è da meno. Essa risale alla prima metà dell’XI secolo ed è stata realizzata da una bottega di orafi lombardi.
Il piatto superiore è rivestito da una lamina d’argento con l’arcangelo Michele al centro. Quello inferiore è ricoperto da una lamina d’oro, con ai bordi le figure di dodici angeli e perle e gemme en cabochon. Al centro si trova Cristo crocifisso, affiancato dalle immagini della Madonna e di San Giovanni e ai quattro angoli i simboli degli Evangelisti.
La fine del viaggio
La nostra avventura è infine giunta al termine, abbiamo lasciato la Vercelli medioevale per fare ritorno nel XXI secolo. Non disturberemo più i copisti, i miniatori e i legatori, ma con una visita alla Biblioteca Capitolare e al Museo del Tesoro del Duomo potrete ritrovare la loro eredità, oltre ai loro ferri del mestiere. Vi aspettiamo!
Nicolò Bellomo, operatore volontario di Servizio Civile Universale