Il Crocifisso della basilica di San Saturnino a Tolosa e il Crocifisso della Cattedrale di Vercelli a confronto. Un nuovo punto di vista.
L’autore
Gabriel Imbert è dottorando in storia dell’arte medievale presso l’Université Toulouse II Jean-Jaurès – FRAMESPA. E’ anche membro della Société archéologique du Midi de la France. Per l’Association Culturelle de Cuxa ha pubblicato uno studio sul Crocifisso della basilica di San Saturnino a Tolosa.
Tra i confronti proposti non poteva mancare il Crocifisso della Cattedrale di Vercelli, il cui riempimento originale è protagonista nella prima sala del Museo del Tesoro del Duomo. Abbiamo quindi chiesto allo studioso di intervenire sul nostro blog per conoscere la sua lettura delle due grandi croci medievali. Di seguito troverete il suo intervento tradotto. Per la versione in lingua originale cliccate qui.
Il grande Crocifisso romanico – basilica di San Saturnino a Tolosa
L’opera presenta un’importante e singolare somiglianza con il Crocifisso di Vercelli. Innanzitutto per le dimensioni e le tecniche utilizzate. Si tratta di una scultura in legno di quercia – simile per livello di sviluppo all’anima lignea del crocifisso vercellese – anch’essa interamente rivestita di metallo, in questo caso rame dorato martellato. Sulla croce, questo metallo è decorato con motivi a rilievo e intarsiato con pietre – sostituite nel XIX secolo da oggetti in vetro – e due smalti che lo studio ha analizzato come smalti sostitutivi del X secolo. I motivi in rilievo sono disegni geometrici, che alternano motivi cruciformi con centro circolare, i cui bracci terminano con piccole sporgenze e da cui fuoriescono quattro petali in un unico pezzo, e losanghe squadrate con piccoli quadrati e terminate agli angoli da piccole sfere.
Il bordo della croce forma un fregio che alterna coppie di gemme e grandi pietre circondate da losanghe granulate o ovali. Anche il perizoma del Cristo è decorato con motivi decorativi impressi, ripetuti su tutta la superficie in una colonna verticale, che segue grossomodo le lunghe pieghe del panneggio. Anche in questo caso il motivo è cruciforme o a forma di fiore: un centro costituito da una pallina circondata da un cerchio da cui si innalzano quattro grandi petali, separati a metà da una linea, e tra questi quattro petali stretti che terminano in piccole palline. Questi motivi imitano i tessuti orientali, come si vede su altri Crocifissi medievali (metallici o dipinti).
Le cifre stilistiche e i confronti con altre opere
Si nota una notevole somiglianza tra i motivi decorativi floreali del perizoma di San Saturnino e quelli della croce e del nimbo di Cristo a Vercelli, che sono praticamente identici. I motivi della croce di Tolosa non sono quindi estranei a quelli di Vercelli. Quanto al bordo di questa croce, con l’alternanza di grandi cabochon e coppie di gemme, presenta un motivo identico a quello di un altro grande Crocifisso prezioso geograficamente vicino a quello di Vercelli, ovvero quello della cattedrale di Casale Monferrato. Ma non è tutto.
I dettagli anatomici dei Crocifissi di San Saturnino e di Vercelli sono simili, come la forma triangolare delle teste e dei volti, i capelli e il modo in cui sono trattati (a ciocche). In questo senso, sono entrambi vicini a un quarto prezioso Crocifisso dell’Italia settentrionale, quello di San Michele a Pavia. Infine, la forma della veste dei Crocifissi di Vercelli, Pavia e Casale, con la cintura a nodi larghi e la lunga sospensione centrale, è simile al perizoma del Crocifisso di San Saturnino, anche se quest’ultimo è più lungo.
Artisti e idee in movimento
Possiamo quindi concludere che il Crocifisso di San Saturnino è molto simile a quelli provenienti dalle terre dell’Impero e da un ampio ambito culturale ottoniano, e che appartengono alla stessa corrente artistica. Ciò non significa, tuttavia, che le loro origini si trovino nella stessa area geografica: ciò è senza dubbio dovuto alla circolazione di artisti o semplicemente di modelli, come attestano altre opere dell’Alto Medioevo.
D’altra parte, è chiaro che queste somiglianze formali rivelano un significato condiviso. La materialità di questi grandi e preziosi Crocifissi, come le statue delle “maestà”, li rende veri e propri ricettacoli di divinità in un universo neoplatonico dai limiti praticamente inesistenti.
Inoltre, sono tutti Cristi viventi, avvolti nella gloria, Christus triumphans. In questo senso, sono esempi perfetti dell’ibridazione avvenuta tra il X e il XII secolo tra la gloriosa croce gemmata della tradizione paleocristiana e l’immagine del Crocifisso apparsa in epoca carolingia, accomunate dall’uso degli stessi materiali preziosi. Questa sintesi iconografica esprime la sintesi teologica della Passione e della Risurrezione di Cristo nello stesso Mistero Pasquale. Questo vale anche per le croci di questo periodo, in particolare per il ricco corpus ottoniano. Questa ibridazione fu rotta dal movimento gregoriano, che impose l’immagine del Crocifisso spogliato del Cristo morto e sofferente, il Christus patiens, per servire la sua teologia eucaristica e sacerdotale.
Questa ibridazione può essere anche una chiave di lettura del poema il Sogno della Croce, conservato nel Vercelli Book della Biblioteca Capitolare in cui un Crocifisso vivente prende il posto di una croce gloriosa.
Il Crocifisso della Basilica di San Saturnino a Tolosa, una grande opera d’arte romanica, ci aiuta a comprendere meglio l’altra grande opera, il Crocifisso di Vercelli e ci dà una visione reale della complessa realtà delle croci di epoca medievale.
Gabriel Imbert
Testo estrapolato da: G. Imbert, Le Crucifix roman de Saint-Sernin de Toulouse, Cahiers de Saint-Michek de Cuxa, n°55, 2024, éditions Mergoli.