Cassiano Malacarne, storico con un dottorato nel campo della storia medievale del diritto canonico presso la Universidade Federal do Rio Grande do Sul (UFRGS), Brasile, qualche settimana fa ha letto il blog di Margherita Vinai. La scoperta di una giovane studentessa ha superato i confini nazionali e ci ha permesso di conoscere il punto di vista di un altro studioso. Ecco le sue considerazioni emerse dall’analisi del testo di Virginio Alviset Bisontino.
“I monaci non sono animali muti” e “La censura romana aumenta la fama”
La notizia del ritrovamento in Biblioteca Capitolare di un libro del XVII secolo che, sebbene proibito dalla Chiesa, era conservato in una delle sue diocesi, mi ha riempito di ammirazione e curiosità. Il titolo Murenulae sacrae vestis sponsae regis aeterni vermiculatae opus de privilegiis ordinum regularium potrebbe essere tradotto con Collane sacre [d’oro] punteggiate [d’argento] sull’abito della Sposa del Re Eterno. Lavoro sui privilegi degli Ordini dei Regolari. L’autore è il monaco benedettino Benoit Alviset, in italiano Benedetto Alviset, come recita la licenza inquisitoria posta dopo la prefazione. In latino Virginius Alvisset, nome che ha adottato al suo arrivo nella penisola italica.
Mi sono chiesto anche io, come Margherita, perché mai il testo, inserito nell’Index Librorum Prohibitorum era conservato a Vercelli. Perché è stato bandito? Perché è stato stampato in più luoghi?
Benoit, Benedetto, Virginio. Chi era costui?
Chi era Benoit Alviset? È nato a Besançon, in Francia, all’inizio del XVII secolo e, a quanto pare, non era di origini modeste. Diventato monaco benedettino presso l’Abbazia di Faverney, si è dedicato agli studi di teologia e diritto canonico ed è diventato professore di queste materie. Le guerre tra francesi e tedeschi lo hanno condotto al monastero benedettino di Montecassino, in cerca di asilo, come racconta lui stesso nel suo libro. In Italia ha preso il nome Virginio, (in latino Virginius), poi si è trasferito presso il monastero di Subiaco dove alcuni dicono che abbia scritto il suo libro, anche se lui stesso indica di aver portato a termine l’incarico a Sant’Onorato sull’isola di Lerino. Lo afferma in una lettera panegirica inviata a Montecassino firmata “Virginio Alviset, detto Benedetto de Besançon”. Sicuramente è a Lerino che ha concluso i suoi giorni.
Perché il libro è a Vercelli?
Il Concilio di Trento (1545-1563), nella sua 25a sessione, che si è occupata del Clero Regolare, ha stabilito il decadimento dei privilegi accumulati dagli Ordini Religiosi. Immaginate l’indignazione dei membri di questi ultimi, magari titolari di privilegi accumulati nei secoli. Negli Ordini colpiti vi era anche quello dei Canonici Regolari, come quelli della Cattedrale di Vercelli. La regola è stata inoltre confermata nel 1565, da Papa Pio IV con la bolla In principis Apostolorum.
Questo potrebbe spiegare il fatto che il libro sia conservato a Vercelli. Forse i Canonici Regolari, alla ricerca di argomenti per cause legali che difendessero i loro privilegi, hanno deciso di procurarsene una copia. Hanno scelto il testo di Alviset poiché egli è diventato avvocato della causa del clero regolare intento nella difesa dei privilegi del monastero benedettino di Montecassino. A questo luogo l’autore riserva grandi elogi in una lettera posta prima della prefazione. Per Alviset, per essere il luogo di nascita dell’ordine benedettino nel mondo, il monastero italiano è paragonabile a diversi monti celebri del mondo classico e cristiano (il Monte Hérmon della Trasfigurazione di Cristo; il Parnaso del santuario di Delfi; il monte Horeb dei Comandamenti). Per i suoi rapporti con papi, imperatori e re definisce Montecassino come un monastero “pontificio, imperiale e reale” dal cui seno sono nati molti monasteri, pontefici e cardinali.
Alviset paladino dei privilegi ecclesiastici, con cautela
Alviset evita di porsi in aperto conflitto contro il Papa. Non è stato abbastanza cauto, perché comunque si è aggiudicato l’inserimento nell’Indice.
Tra i suoi argomenti, Alviset nega gli estratti del Concilio di Trento e la bolla papale che ha decretato la fine dei privilegi del Clero Regolare in diversi passaggi del suo libro. Ciò partendo dal presupposto che i Papi, nel corso della storia ecclesiastica, hanno concesso privilegi eterni e irrevocabili anche dai successori. Eccezione in tal senso erano gli annullamenti in cui la forma giuridica o la solennità fosse rispettata, ma questo doveva avvenire valutando caso per caso. A questo si aggiunga che, secondo l’autore, alcuni Papi post-Concilio di Trento hanno concesso e confermato privilegi a ordini religiosi per interesse e strategia (come la Compagnia di Gesù, ritenuta necessaria per l’espansione della fede in America e in Asia). Inoltre, alcune delle regole conciliari non sono arrivate a tutti i consigli provinciali, in particolar modo in quelli francesi, dove gradualmente si sviluppò il gallicanesimo (a dottrina dell’indipendenza della Chiesa francese da Roma).
Censura e purgatorio
In un passaggio del testo Alviset sfida la censura: “L’esperienza insegna che ogni volta che i privilegi del Clero Regolare sono stati attaccati, seguono effetti terribili, tumulti, sedizione, cause legali, indagini, scandali e (cosa che dovrebbe ferire di più) meno stima per la Sede Apostolica e la S. Congregazione dei Cardinali. In effetti, le revoche non furono ricevute fuori dall’Italia, né lo fu la censura romana dei libri, tranne quelle cose che attaccano chiaramente la fede. Per questo motivo, sebbene alcuni dei libri e degli autori che parlano più favorevolmente degli stessi privilegi siano condannati da Roma, vengono stampati, però, altrove. E vengono acquistati ancora più avidamente, così che la censura romana effettivamente aumenta la fama”.
Alviset è quindi completamente consapevole del suo futuro. Sono state infatti realizzate due edizioni del suo libro, una a Venezia nel 1661, la seconda, per tentare di sfuggire alla censura, a Kempten o Campidonae (Germania, Abbazia di Kempten, Dreher) nel 1679, dopo la morte di Alviset. Tra le due edizioni tuttavia la censura arriva, applicata con decreto del 17 novembre 1664. Non prima di passare da una fase purgatorio, cioè l’Index Expurgatorius, nei quali erano segnalati i libri con parti proibite che avrebbero dovuto essere cambiate. Molti sono i libri che, ai tempi di Alviset, difendevano i privilegi dei Chierici Regolari, e chiunque lo abbia fatto con più fervore è finito censurato da Roma.
La minaccia alla Curia romana
Analizzando il libro ho trovato alcune manifestazioni chiaramente offensive e altre indirette. Ad esempio, nel discutere la variegata traduzione dei teologi delle parole murenulae e vermiculatae, ancora nella prefazione. Quando l’autore stabilisce la traduzione delle parole, dà loro un significato. Alviset afferma che le collane d’oro, murenulas aurea, rappresentano i privilegi concessi da Cristo attraverso il suo vicario, il Papa (prima della Riforma di Trento), a sua moglie, la Chiesa, per abbellirla. Pertanto, sottrarre tali privilegi significherebbe prendere ciò che è dato da Cristo alla Chiesa e lasciarla adorna, senza collane e senza bellezza. Aggiunge poi che “I puntini d’argento, vermiculatas argento, sono certamente le nostre note, poiché sono brevi e piccole. Ma sono fatti di argento, perché sono nati dagli scritti di Autori molto stimati, se non tutti raccolti, almeno, sulla base di essi e allo stesso modo dell’argento purissimo, purifica la feccia di opinioni sbagliate.” Così, l’argento, noto per rimuovere le impurità, elimina la spazzatura, l’opinione opposta, manifestata da altri canonisti tra cui quelli del Concilio di Trento e della bolla papale di Pio IV. Alviset non condanna il Concilio o il Papa, ma sottolinea l’errore nelle interpretazioni. Tuttavia, questi testi del concilio e della bolla erano troppo chiari e miravano proprio ad abolire i privilegi. Alviset ha giustamente negato la base di queste regole. Sempre nella prefazione, dice coraggiosamente che censurando il suo libro, la Curia avrebbe censurato gli stessi Padri della Chiesa. Questo perché gli argomenti dell’autore sono quelli degli stessi Padri della Chiesa.
La condanna alla Curia romana
Poi, nel corso della sua dissertazione, indirettamente insinua la previsione della punizione divina, compresa la morte, contro coloro che attaccano i privilegi degli Ordini Religiosi. Così come è accaduto a Innocenzo III che ha chiesto ai monaci cistercensi una parte delle loro proprietà e la perdita dei privilegi. E durante la notte, la Madre di Dio, secondo l’autore, ha inviato un messaggio al Pontefice, dicendo che se non avesse smesso di distruggere i privilegi dei Cistercensi, lei, come loro avvocato, avrebbe usato il suo potere per calpestare il Papa. Il Pontefice, spaventato, cambiò il suo scopo e confermò i privilegi dei monaci e ne aggiunse altri. A rinforzo di questa previsione, adattabile ai contemporanei di Alviset, l’autore cita un altro Papa, Innocenzo IV, che iniziò a ritirare i privilegi dei domenicani. Questi, ogni giorno, pregarono per l’intercessione della Vergine quale intermediario divino. Come conseguenza, il Papa si ammalò e morì rapidamente, ma non prima di riconoscere pubblicamente il suo errore.
I monaci non sono animali muti
Nell’ultimo paragrafo del libro, il Concilio di Trento è chiamato il cammino delle “ombre” o “tenebre” ed è richiesto l’aiuto di Dio per attraversarlo e ritornare alla vera osservanza, cioè alle vere regole. Che Dio conceda la sua misericordia, così che attraversiamo le ombre della riforma per quella vera osservanza, che i santi Fondatori degli Ordini ci hanno dimostrato nelle loro Regole. Inoltre, si noti che per Alviset i monaci non dovevano essere animali muti, muta pecora, passivi nella difesa degli interessi dei loro ordini. A questi egli si rivolge, ai suoi pari. Lettori che dovevano acquisire forza per resistere e mantenere privilegi che includevano una gamma molto ampia: esenzioni giurisdizionali, privilegi sacramentali, privilegi economici.
Nonostante ciò, per non perdere la ragione davanti a quegli stessi lettori, ha voluto mostrare l’immagine di un cristiano obbediente. Nella prefazione egli infatti confessa l’obbedienza al Papa e ribadisce il concetto dell’erronea interpretazione da parte dei canonisti. Forse in questo troviamo il motivo per cui è riuscito ad ottenere la licenza necessaria per stampare il libro. Solo tre anni dopo la prima edizione un’analisi approfondita del testo ha decretato la censura parziale e in seguito quella totale.
Il misterioso titolo
Il titolo dell’opera di Alviset è misterioso. Le parole da lui usate, murenulae e vermiculatae, hanno ricevuto significati diversi tra i teologi medievali e le traduzioni della Bibbia in diverse lingue. L’autore è stato ispirato dalla prima parte del titolo del suo libro nel Cantico dei Cantici, 1, 10 (o 11 nella Vulgata Latina). Per approfondire la questione ho consultato una traduzione direttamente dall’ebraico. Sorprendentemente, lo stesso Alviset ha consultato un autore ebreo per fare la stessa verifica. Il testo biblico cita la sposa, la fidanzata o la moglie del re Salomone: “Muraenulas aureas faciemus tibi, vermiculatas argento” o, nell’interpretazione di Alviset: “Faremo per te collane d’oro, punteggiate d’argento”. Nel contempo, le murenulae sembrano essere indicate da San Bernardo di Chiaravalle nel Sermones super Cantica Canticorum, come messe sulle orecchie, quindi orecchini. E ancora, nelle Bibbie che ho consultato, italiane, francesi, inglesi, portoghesi e spagnole, il termine è usato per riferirsi a collane, anelli, orecchini, pendenti e catene. La Biblia Hebraica Stuttgartensia registra invece le parole “ornamenti” e “bordi”. La scelta di Alviset per il termine, come leggiamo nella prefazione, ricade sulla traduzione con il termine “collane”.
Vermicelli e punte d’argento
Per quanto riguarda la vermiculatae, le traduzioni bibliche indicano “perline”, “intarsi”, “lobi”, “punte”, “rosette”, “miscele”, “chiodi” e “borchie” (questi ultimi due dalla versione ebraica). In un commento al libro biblico, il vescovo londinese Gillebertus cita il termine “Vermiculatas, cioè decorato con l’aspetto di vermi”. Alviset chiama in causa alcuni teologi della tarda antichità, del medioevo e del suo tempo: i rabbini che usavano il termine per riferirsi a entità “Con punte d’argento”; Origene: “Con segni d’argento”; Ambrogio: “Con punteggi d’argento”. Al di là dell’esatta traduzione per l’autore è importante la definizione dello scopo, ovvero la bellezza dei gioielli destinati ad adornare l’abito della moglie di Cristo. I gioielli rappresentano i privilegi del Clero Regolare, l’abito rappresenta gli Ordini Religiosi e la moglie di Cristo (Re Eterno) sarebbe la Chiesa. Il termine stesso sponsa ha significati ambivalenti nelle traduzioni, essendo ora indicata come “promessa in matrimonio”, come “sposa” o come “moglie”. Nel diritto canonico relativo al matrimonio, la parola più appropriata per indicare la moglie sarebbe uxor, mentre una sponsa potrebbe lasciare un fidanzato e ottenerne un altro senza incorrere in adulterio. Tuttavia, come per le altre parole ambigue, ciò che importa è comprendere ciò che pensava e intendeva Benoit Alviset. Considerata la censura, il suo messaggio è arrivato forte e chiaro.
Per contattare l’autore: cassiano_ninho@yahoo.com.br