#museodifferente questo mese gioca sull’internazionalità! Al Museo del Tesoro del Duomo abbiamo scelto l’Arazzo con Battesimo di Cristo.
Altissima espressione dell’arte tessile, nell’arazzo si intrecciano virtuosismo tecnico e sensibilità artistica per un’opera di lusso e magnificenza. Amati e richiesti da re, papi, nobili e alti prelati di tutta Europa per decorare gli ambienti delle loro residenze, gli arazzi hanno sempre goduto di uno status internazionale, viaggiando in lungo e in largo, dal Medioevo fino su all’età Moderna. Ne furono maestri indiscussi i fiamminghi. Ed è da lì che ne provengono la maggior parte. Tanto che lo stesso termine italiano “arazzo” deriva dalla città Arras (oggi in Francia), una delle principali produttrici.
L’Arazzo di Vercelli
Il Museo del Tesoro del Duomo custodisce uno straordinario arazzo con Battesimo di Cristo. Secondo lo studioso Nello Forti Grazzini è stato prodotto intorno agli anni venti del Cinquecento a Bruxelles. Soprattutto in base ai confronti con gli esemplari conservati nella Collezione Zaleski. Frutto della tradizione fiamminga, ne presenta tutte le caratteristiche: la cura per i dettagli, dove gli steli lacustri sono raffigurati uno a uno e i volatili sembrano usciti da un libro di zoologia. Piace soprattutto il particolare del castello sullo sfondo. Poco coerente con la scena evangelica, è coerentissimo per un mondo che guardava alla modernità ma non aveva ancora perso la sua veste cortese. Insomma una scena tratta dall’Ariosto non avrebbe stonato in questa cornice. Tuttavia le figure occupano pesantemente lo spazio. Non lo vivono, ma sicuramente la loro fisicità è protagonista. Cosa sta succedendo? L’arte italiana era allora il modello al quale guardava tutt’Europa, creando dialoghi con i vari linguaggi artistici. Come in questo caso, dove permane però un tipico accento locale, fiammingo. Un po’ come quando un inglese o un tedesco parla italiano, o viceversa.
Il “Maestro della candela spenta”
Chi fu dunque l’autore dell’Arazzo con Battesimo di Cristo? O meglio, il suo cartonista? Alla domanda risponde un piccolo particolare, che spesso pochi colgono alla prima: un gallo, un calamaio con la sua penna e una candela spenta. Lasciato come marchio di fabbrica, ora è per noi un rebus irrisolto. Importanti notizie e informazioni su di lui sono uscite dalla pubblicazione confluita nella mostra tenutasi nel 2015 alla Galleria Moshe Tabibnia di Milano. Non ci resta che ammirare l’arazzo del “Maestro della candela spenta“. Che con la sua arte impreziosita da fili d’oro ci entusiasma e ci lascia stupiti ancora oggi. Segno che la muta meraviglia degli arazzi non si è mai esaurita.
Dario Michele Salvadeo, volontario SCN
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